Ricorso ex art. 127 Cost. con istanza di sospensione ex art.  35,
legge n. 87/1953 per la Regione  Lazio  (80143490581),  con  sede  in
Roma, via Cristoforo Colombo, 212, in persona del Presidente e legale
rappresentante p.t., Nicola Zingaretti, rappresentata  e  difesa  nel
presente  giudizio,  giusta  procura  in  calce  e  in  virtu'  della
deliberazione della Giunta regionale  n.  42  del  31  gennaio  2019,
dall'avvocato     Rodolfo     Murra     dell'Avvocatura     regionale
(MRRRLF61D22H501P; Pec:  rodolfo.murra@regione.lazio.legalmail.it  n.
fax: 0651686900) e dal prof. avv. Francesco Saverio Marini  del  foro
di             Roma              (MRNFNC73D28H501U;              Pec:
francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org n.  fax:  06.36001570),
anche in forma disgiunta fra loro, elettivamente  domiciliata  presso
lo studio del prof. avv. Francesco Saverio Marini  in  Roma  (00197),
via di Villa Sacchetti, 9; ricorrente. 
 
                               Contro 
 
    Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio
dei ministri p.t., con sede in Roma (00187),  Palazzo  Chigi,  piazza
Colonna 370, rappresentata e difesa  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, presso i cui uffici  in  Roma  (00186),  via  dei  Portoghesi,
12, e' domiciliata ex lege; resistente. 
    Per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  -  previa
concessione di misure cautelari  ex  art.  35,  legge  n.  87/1953  -
dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del  decreto-legge  28  ottobre
2018, n. 119, come convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  17
dicembre  2018,  n.  136,  recante   «Conversione   in   legge,   con
modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre  2018,  n.  119,  recante
disposizioni urgenti in materia fiscale e  finanziaria.»,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana -  Serie  generale
n. 293 del 18 dicembre 2018. 
 
                                Fatto 
 
    1. Con legge 17 dicembre 2018, n.  136, e'  stato  convertito  in
legge, con le modificazioni di cui all'allegato, il decreto-legge  28
ottobre 2018,  n.  119,  recante  «disposizioni  urgenti  in  materia
fiscale e finanziaria». 
    2. In sede di conversione e' stato  inserito  l'art.  25-septies,
recante «Disposizioni in materia di commissariamenti delle regioni in
piano di rientro dal disavanzo  del  settore  sanitario),  che  cosi'
dispone: 
      «1. All'art. 1, comma 395, della legge  11  dicembre  2016,  n.
232, sono apportate le seguenti modificazioni: 
        a) il primo periodo e' soppresso; 
        b) al secondo periodo, le parole: "per le  medesime  regioni"
sono sostituite dalle seguenti:  "per  le  regioni  commissariate  ai
sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.
222". 
      2. Al comma 569 dell'art. 1 della legge 23  dicembre  2014,  n.
190, sono apportate le seguenti modificazioni: 
        a) nell'alinea, al primo periodo, le  parole:  "e  successive
modificazioni," sono sostituite  dalle  seguenti:  "ovvero  ai  sensi
dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.  159,
convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  novembre  2007,  n.
222,"; 
        b) nell'alinea, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti
dal seguente: "Il commissario ad acta deve  possedere  qualificate  e
comprovate professionalita' nonche' specifica esperienza di  gestione
sanitaria  ovvero  aver  ricoperto  incarichi  di  amministrazione  o
direzione di strutture, pubbliche o  private,  aventi  attinenza  con
quella sanitaria ovvero di particolare complessita', anche  sotto  il
profilo della prevenzione  della  corruzione  e  della  tutela  della
legalita'."; 
        c) la lettera d) e' sostituita dalla seguente: 
          "d) il comma 84-bis e' abrogato". 
      3. Le disposizioni di cui al primo e  al  secondo  periodo  del
comma 569 dell'art. 1 della legge 23  dicembre  2014,  n.  190,  come
modificato dal comma 2 del presente articolo, si applicano anche agli
incarichi commissariali in atto, a qualunque  titolo,  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto. Conseguentemente il Consiglio
dei ministri provvede entro novanta giorni, secondo la  procedura  di
cui all'art. 2, comma 79, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  alla
nomina di un commissario ad acta per  ogni  regione  in  cui  si  sia
determinata  l'incompatibilita'  del  commissario,  il  quale   resta
comunque in carica fino alla nomina del nuovo commissario ad acta.». 
    3. Le disposizioni di  cui  ai  commi  1  e  2  del  citato  art.
25-septies, hanno dunque previsto l'incompatibilita' dell'incarico di
Commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione
del piano di  rientro  dal  disavanzo  del  settore  sanitario  delle
Regioni, a qualunque titolo nominato, rispetto all'affidamento  o  la
prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale  presso  la  Regione
soggetta a commissariamento. Sono stati inoltre  stabiliti  requisiti
specifici per la nomina a Commissario ad acta. 
    Il terzo comma dell'art. 25-septies prevede che tali disposizioni
si  applichino  anche  agli  incarichi  commissariali  in  corso,   a
qualunque titolo, alla data di entrata in vigore della legge; sicche'
entro  novanta  giorni  il  Consiglio  dei  ministri e'  chiamato   a
provvedere alla nomina di un nuovo Commissario ad acta per le Regioni
in cui si sia determinata l'incompatibilita' del Commissario stesso. 
    4. Il piano di rientro della Regione Lazio e' stato approvato  in
data 28 febbraio 2007, con accordo tra il Ministero della salute,  il
Ministro dell'economia  e  delle  finanze  e  la  Regione,  ai  sensi
dell'art. 1, comma 180, della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311  e
s.m.i., e recepito con D.G.R. n. 149 del 2007. 
    La Regione e' commissariata sin dall'11 luglio 2008,  quando,  ai
sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.
222, veniva  nominato  Commissario  ad  acta  Presidente  p.t.  della
Regione, Pietro Marrazzo. 
    5. Con deliberazione del Consiglio dei ministri in data 21  marzo
2013, dopo l'insediamento, il Presidente p.t. della  Regione,  Nicola
Zingaretti, e' stato nominato Commissario ad acta per la prosecuzione
del piano di  rientro  dai  disavanzi  nel  settore  sanitario  della
Regione Lazio, secondo i Programmi Operativi di cui all'art. 2, comma
88 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e s.m.i. In quella sede  sono
stati confermati i contenuti del mandato commissariale gia'  affidato
al  Presidente  p.t.  della  Regione  Lazio  con  deliberazione   del
Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, come  riformulato  con  la
successiva deliberazione del 20 gennaio 2012. 
    A seguito della rielezione come  Presidente  della  Regione,  con
deliberazione del Consiglio dei  ministri  del  10  aprile  2018,  il
Presidente p.t. Nicola Zingaretti e' stato  nominato  Commissario  ad
acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento  finanziario
previsti nel piano di rientro dai  disavanzi  regionali  nel  settore
sanitario, e per il completamento del Programma  Operativo  2016-2018
recepito con DPCA n. 50/2017. 
    6. A oggi, nonostante  siano  decorsi  piu'  di  dieci  anni  dal
commissariamento della Regione, e nonostante con deliberazione del 1°
dicembre  2017  il  Consiglio  dei  ministri  avesse  deliberato  «di
assegnare al  Commissario  ad  acta,  nell'esercizio  delle  funzioni
comprese nel mandato  commissariale,  il  compito  di  proseguire  le
azioni gia' intraprese al fine di procedere, ad esito della  completa
attuazione  del  Programma  operativo  2016-2018,  al  rientro  nella
gestione ordinaria entro il 31 dicembre 2018», la  Regione  Lazio  e'
ancora commissariata, e, per effetto delle disposizioni  oggetto  del
presente ricorso, vedra' ancora piu' compresse le proprie  competenze
legislative, regolamentari e  amministrative,  anche  in  spregio  ai
principi di ragionevolezza, leale collaborazione e sussidiarieta'. 
    7. Con il presente atto la Regione ricorrente  chiede  all'Ecc.ma
Corte costituzionale  adita  di  dichiarare  l'incostituzionalita'  -
previa sospensione - dell'art. 25-septies, del decreto-legge  n.  119
del 2018, come inserito dalla legge di conversione 17 dicembre  2018,
n. 136, previa  sospensione  dell'efficacia  del  terzo  comma  della
disposizione in esame, per i seguenti motivi in 
 
                               Diritto 
 
I. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi  1,  2  e  3,  del
decreto-legge.  n.  199/2018,  conv.  in  legge  n.   136/2018,   per
violazione degli articoli 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2,
5 e 120, comma 2, della Costituzione.  Violazione  del  principio  di
leale collaborazione. 
    1.  Come  accennato  in  narrativa,   le   disposizioni   oggetto
dell'odierno ricorso hanno stabilito l'incompatibilita' tra il  ruolo
di Commissario ad acta in  materia  sanitaria  e  qualsiasi  incarico
istituzionale   presso    la    Regione    interessata,    prevedendo
l'applicazione  di  tale  incompatibilita'   anche   agli   incarichi
commissariali in corso, con conseguente sostituzione,  entro  novanta
giorni  dall'entrata  in   vigore   della   norma,   dei   Commissari
incompatibili (nel caso della Regione Lazio, del Presidente  p.t.  in
qualita' di commissario ad acta) e nomina di nuovi Commissari. 
    2. Prima di scendere nel  merito  della  censura,  vale  la  pena
richiamare  il  contesto  costituzionale  in  cui  si  collocano   le
disposizioni interessate, anche alla  luce  della  giurisprudenza  di
questa Corte. 
    La disciplina dei  piani  di  rientro  dai  deficit  sanitari  e'
riconducibile  a  un   duplice   ambito   di   potesta'   legislativa
concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione:
tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica  (sentenze
n. 163 del 2011 e n. 193 del 2007). 
    Quanto alla nomina di un Commissario ad acta per l'attuazione del
piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione,  l'art.  120,
secondo  comma,  Cost.,  nel  consentire   l'esercizio   del   potere
sostitutivo  straordinario  del  Governo,  e'  teso   ad   assicurare
contemporaneamente l'unita' economica della Repubblica  e  i  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla
salute (cfr. sentenze n. 117 del 2018, n. 14 del  2017;  n.  227  del
2015). 
    Quanto  all'incidenza  delle  funzioni  commissariali,  e'  stato
osservato che esse «devono restare, fino all'esaurimento dei  compiti
commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi  regionali
- anche qualora  questi  agissero  per  via  legislativa  -  pena  la
violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.» (in termini  sentenza
n. 106 del 2017, cfr. anche sentt. n. 266 del 2016; n. 278 e  n.  110
del 2014), come pure che l'incostituzionalita' della legge  regionale
per violazione dell'art. 120, secondo comma,  Cost.  «sussiste  anche
quando  l'interferenza  e'  meramente   potenziale   e,   dunque,   a
prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri  del
Commissario incaricato di attuare il piano di rientro» (cfr. le  gia'
citate sentenze n. 117 del 2018, n. 190 del 2017, n. 110 del 2014). 
    In generale, e' stato affermato che «le  funzioni  amministrative
del  commissario  (...)  devono  essere  poste  al  riparo  da   ogni
interferenza degli organi regionali, sena che possa essere evocato il
rischio di fare di esso l'unico soggetto cui spetti di provvedere per
il superamento della situazione  di  emergenza  sanitaria  in  ambito
regionale» (sentenze n. 278 del 2014, n. 78 del 2011), e che il ruolo
della Regione «non puo' consistere in una sovrapposizione legislativa
e amministrativa alle funzioni commissariali,  ma  deve  limitarsi  a
compili di impulso e vigilanza  per la  garanzia  dei  LEA  e  a  una
trasparente e corretta trasposizione  delle  entrate  e  degli  oneri
finanziari per la sanita' nel bilancio regionale» (cosi,  ancora,  la
sentenza n. 117 del 2018). 
    La ricostruzione che  precede  conferma  come  la  disciplina  in
materia di commissariamenti per deficit sanitari afferisca, oltre che
alla competenza esclusiva sui livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti  il  diritto  fondamentale  alla  salute,   anche   -   e
inscindibilrnente - alle  materie  di  competenza  concorrente  della
tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica  (art.
117,  comma  3,  Cost.),  e  ricada  -  in  ragione  delle   funzioni
commissariali e della relativa incidenza su quelle regionali -  sulle
corrispondenti funzioni regolamentari e amministrative della  Regione
(art. 117, comma 6 e 118, commi 1 e 2, Cost.). 
    3. Tale inestricabile intreccio di competenze impediva dunque  al
legislatore statale di  introdurre  unilateralmente  le  disposizioni
contestate, che invece  avrebbero  dovuto  essere  fatte  oggetto  di
procedura concertativa forte, sotto forma di intesa con le Regioni. 
    Come noto, l'intervento statale,  ove  interferisca  con  materie
costituzionalmente garantite alle Regioni, deve  essere  disciplinato
con la  previsione  di  attivita'  concertative  e  di  coordinamento
dell'attivita'  orizzontale,  improntate  al  principio  di  lealta'.
L'intesa, quale «paritaria codeterminazione del contenuto  dell'atto»
rappresenta appunto lo strumento di realizzazione  del  principio  di
leale cooperazione, che si impone in tutti  i  casi  in  cui  vi  sia
connessione, intersezione  o  reciproca  incisione  tra  attribuzioni
costituzionali spettanti a soggetti diversi. 
    Il principio vale tanto piu' nei casi in cui, come nella  specie,
spostando  verso  il  centro  competenze,  funzioni  e   procedimenti
ordinariamente attribuiti alla  regione,  si  verifichi  una  diversa
allocazione «verso l'alto» delle funzioni amministrative, circostanza
che impone la previsione di «adeguati meccanismi di cooperazione  per
l'esercizio concreto delle finzioni amministrative allocate  in  capo
agli organi centrali» (sentenza n. 7 del 2016, n. 303 del 2003). 
    Si precisa, peraltro, come questa Ecc.ma Corte abbia in ogni caso
riconosciuto l'obbligo  del  legislatore  statale  di  assicurare  il
rispetto del principio di leale collaborazione in senso «forte» anche
nel caso in cui la disciplina, pur ascrivendosi prevalentemente a una
materia di competenza legislativa esclusiva  statale,  coinvolga  una
pluralita' di interessi e competenze regionali. Quando  si  determina
una «sovrapposizione di competenze» per cui  la  disciplina  statale,
pur  prevalentemente  riconducibile  a  un  ambito  di   legislazione
esclusiva,  «tocca  direttamente  un  interesse  differenziato  della
Regione  e  che  interferisce  in  misura  rilevante   sulle   scelte
rientranti nelle competenze della medesima», il  legislatore  statale
e' obbligato ad «attribuire adeguato rilievo al  principio  di  leale
collaborazione,  "le  cui  potenzialita'  precettive  si  manifestano
compiutamente negli ambiti  di  intervento  nei  quali  s'intrecciano
interessi ed esigenze di diversa matrice" (sentenza n. 33 del  2011).
E l'applicazione di  questo  canone  impone  alla  legge  statale  di
predisporre adeguate modalita'  di  coinvolgimento  delle  Regioni  a
salvaguardia delle loro competenze» (sentenze nn. 230 del 2013  e  n.
33 del 2011). 
    4. Come noto, del resto,  nel  settore  sanitario  tali  principi
hanno trovato espressione nei c.d. Patti per la Salute, intese di cui
all'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, che  consistono  in
accordi finanziari e programmatici tra il Governo e  le  Regioni,  di
valenza triennale, in merito alla spesa  e  alla  programmazione  del
Servizio Sanitario nazionale, finalizzati a  migliorare  la  qualita'
dei servizi, a promuovere  l'appropriatezza  delle  prestazioni  e  a
garantire l'unitarieta' del sistema. 
    Come confermato piu' volte da  questa  Corte,  il  Patto  per  la
Salute e' la sede naturale dove dare attuazione al principio di leale
collaborazione tra Governo e Regioni nelle materie  di  tutela  della
salute e coordinamento della finanza pubblica. I patti per la  Salute
vengono recepiti in legge dello Stato, divenendo cosi vincolanti  per
le Regioni (cfr. sentenze nn. 40 e 100  del  2010),  e  rappresentano
quindi una sostanziale modalita' di partecipazione delle  Regioni  al
procedimento ascendente di formazione della normativa  statale  nelle
materie de quibus. 
    Giova  precisare  che  anche   la   normativa   in   materia   di
commissariamenti ad acta ha  sempre  formato  oggetto  di  specifiche
intese - Patti per la salute, poi recepiti in disposizioni  di  legge
statale: ci si riferisce, in particolare,  al  Patto  per  la  Salute
2010-2012 (art. 13), di cui all'Intesa tra Governo e  Regioni  del  3
dicembre 2009, poi recepita nella legge 23  dicembre  2009,  n.  191,
laddove era stata disciplinata la procedura a seguito della quale, in
caso di inadempimento da parte delle regioni con  disavanzi  sanitari
strutturali, il Consiglio dei ministri, in attuazione  dell'art.  120
della Costituzione, «nomina il presidente della  regione  commissario
ad acta per la predisposizione nei successivi trenta giorni del piano
di rientro e per la sua attuazione  per  l'intera  durata  del  piano
stesso». 
    Anche  lo  specifico  profilo  inerente  l'incompatibilita'   tra
incarico Commissariale  e  Presidente  di  Regione  e'  stata  finora
oggetto di concertazione tra Stato e Regioni: concertazione  in  cui,
e' bene precisarlo, il profilo  dell'eventuale  incompatibilita'  tra
Presidente di Regione e commissario ad  acta  e'  stato  risolto  nel
senso di dover riguardare solo i commissariamenti futuri, rispondendo
tale previsione alla ratio di evitare  che  potesse  essere  nominato
Commissario il Presidente di Regione sotto il cui governo si  fossero
determinati i deficit sanitari strutturali e l'esigenza di rientro. 
    In particolare, l'iniziale previsione di incompatibilita' di  cui
all'art. 1, commi 569 e 570, della legge 23 dicembre 2014, n. 190,  e
la successiva previsione  per  cui  l'incompatibilita'  ex  lege  non
potesse riguardare gli  incarichi  commissariali  in  corso,  di  cui
all'art. 1, commi 395 e 395 della legge 11  dicembre  2016,  n.  232,
costituiscono  interventi   normativi   volti   a   recepire   quanto
previamente concordato nel Patto per la Salute 2014-2014  (art.  12),
di cui all'Intesa del  10  luglio  2014,  e  al  documento  approvato
all'unanimita'  dalla  Conferenza  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome in data 14 ottobre 2016. 
    Nel caso di specie,  come  si  vede,  il  legislatore  ha  invece
totalmente obliterato il meccanismo dell'intesa, o comunque qualsiasi
altro procedimento partecipativo con le Regioni, in palese violazione
dei principi di leale collaborazione. 
    5. La lesione appare tanto piu' evidente  in  considerazione  del
fatto che, in sede di Accordo tra Governo  e  Regioni  sulla  manovra
2019 in tema di Sanita', sia stata  prevista  la  sottoscrizione  del
Patto per la Salute 2019/2021 entro il prossimo 31 marzo 2019.  Anche
in ragione di cio', in data 13  dicembre  2018  la  Conferenza  delle
Regioni  ha  adottato  all'unanimita'  il  documento   «Problematiche
relative  ai  piani  di  rientro  dal  disavanzo   sanitario   e   ai
commissariamenti ad acta nel nuovo Patto per la salute», evidenziando
la necessita' di  discutere  ogni  modifica  nominativa  inerente  le
Regioni in piano di rientro e i commissariamenti ad acta  in  materia
sanitaria, ivi compresa quella inerente  eventuali  incompatibilita',
appunto  all'interno  del   Patto   per   la   Salute   di   prossimo
sottoscrizione. 
    Il Governo ha invece inteso agire unilateralmente, in difformita'
rispetto a quanto richiesto per la modifica del Patto per la  salute,
e in senso chiaramente contrario  anche  alle  Intese  raggiunte  nei
precedenti Patti per la salute, laddove profilo dell'incompatibilita'
era emerso soltanto con riferimento ai  Commissariamenti  futuri,  al
fine di evitare di far coincidere la figura commissariale con  quella
del Presidente di Regione sotto il cui governo si fossero  verificate
le condizioni di disavanzo sanitario strutturale. 
    Pertanto le disposizioni in esame, adottate in assenza di  intesa
o procedura concertativa con le Regioni, appaiono gravemente  elusive
del principio di  leale  collaborazione,  nonche'  a  cascata,  delle
competenze legislative concorrenti in materia di tutela della  salute
e coordinamento della finanza pubblica, come pure -  in  ragione  dei
poteri attribuiti al Commissario, come precisati dalla giurisprudenza
costituzionale  sopra  richiamata  -  delle  correlative   competenze
regolamentari e amministrative della Regione e degli enti locali. 
II. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1,  2  e  3,  del
decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione
degli articoli 3, 97, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2,  e  120,
comma 2, della Costituzione, anche in  relazione  all'art.  8,  della
legge n. 131 del 2003. 
    1. Sotto un ulteriore profilo, le disposizioni contestate violano
i  principi  costituzionali  sull'esercizio  dei  poteri  sostitutivi
statali,  di  cui  all'art.  120,  comma  2,  della  Costituzione,  e
dell'art. 8, della legge n. 131 del 2003. 
    Nel disciplinare l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi  da  parte
dello Stato, le norme contestate non prevedono infatti meccanismi che
garantiscano, in fase di attuazione,  una  procedura  rispettosa  dei
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione. 
    2. Si precisa e ribadisce che la  denunciata  violazione  ridonda
direttamente sulle competenze legislative regionali cui afferisce  la
disciplina dei piani di rientro e  dei  commissariamenti  in  materia
sanitaria, e in  particolare  sulle  competenze  concorrenti  «tutela
della salute» e «coordinamento della  finanza  pubblica»,  come  pure
sulle corrispondenti funzioni regolamentari ex  art.  117,  comma  6,
Cost., e sullo svolgimento delle funzioni amministrative ex art. 118,
commi 1 e 2, della Costituzione (in ragione  delle  attribuzioni  del
Commissario ad acta, e  della  relativa  impermeabilita'  rispetto  a
regolamentazioni regionali - pure di livello legislativo - anche solo
potenzialmente incidenti nei settori oggetto del mandato al  medesimo
conferito). 
    3.  Tanto  premesso,  come  noto  l'art.  120,  comma  2,   della
Costituzione, richiede che i poteri  sostitutivi  del  Governo  siano
esercitati nel  rispetto  dei  principi  di  leale  collaborazione  e
sussidiarieta'. La disposizione  costituzionale  e'  stata  declinata
dall'art. 8 dell'attuativa legge n.  131  del  2003,  nel  senso  che
l'esercizio dei poteri sostitutivi  debba  avvenire  solo  una  volta
«sentito l'organo interessato», e che «alla  riunione  del  Consiglio
dei ministri partecipa il Presidente  della  Giunta  regionale  della
Regione interessata al provvedimento». 
    Secondo costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  sebbene  il
modello procedurale indicato nell'art. 8 della legge n. 131 del  2003
non esaurisca le possibilita' di esercizio di  poteri  sostitutivi  e
lasci  impregiudicata  la  possibilita'  che  il   legislatore,   con
normativa di settore, disciplini altri tipi di intervento sostitutivo
(sentenze n. 250 e n. 249 del 2009 e n. 43 del  2004),  nondimeno  il
legislatore statale e' tenuto  a  rispettare  i  principi  desumibili
dall'art. 120 Cost., al quale l'art. 8 della legge n. 131 del 2003 ha
inteso dare attuazione, pur rimanendo libero di articolarli in  forme
diverse (sentenze n. 44 del 2014, n. 209 del 2009).  In  particolare,
per quanto qui rileva, in conformita' ad una costante  giurisprudenza
di questa Corte, i poteri sostitutivi «devono rispettare il principio
di leale collaborazione all'interno  di  un  procedimento  nel  quale
l'ente sostituito possa far valere le proprie ragioni» e  conformarsi
al principio di sussidiarieta' (ex  plurimis,  sentenze  n.  159  del
2007, n. 227, n. 173, n. 172 e n. 43 del 2004). 
    4. Nella specie, il  potere  sostitutivo  disciplinato  dall'art.
25-septies, del decreto-legge n. 119/2018,  come  convertito,  non e'
idoneo a soddisfare appieno  il  principio  di  leale  collaborazione
espressamente richiamato dall'art. 120, secondo comma, Cost. 
    La   censura   concerne   specificamente   il   procedimento   di
sostituzione dei Commissari incompatibili alla  data  di  entrata  in
vigore della norma, stabilito dal comma 3 dell'art. 25-septies. 
    Quest'ultimo si limita a prevedere che «il Consiglio dei ministri
provvede entro novanta giorni, secondo la procedura di  cui  all'art.
2, comma 79, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla nomina di  un
commissario ad acta per  ogni  regione  in  cui  si  sia  determinata
l'incompatibilita' del commissario.». Il richiamato art. 2, comma 79,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, oltre  a  riferirsi  ai  poteri
sostitutivi del Governo in caso di  omessa  redazione  del  Piano  di
rientro (quindi a una fattispecie non sovrapponibile  con  quella  in
esame), si limita comunque a prevedere la nomina del  Commissario  da
parte  del  Governo,  senza  alcun   coinvolgimento   della   Regione
interessata. 
    Per  effetto  di  tale   rinvio,   e   della   mancata   autonoma
individuazione di un procedimento che - se anche  diverso  da  quello
declinato dall'art. 8, legge n. 131 del 2003 - rispetti il  requisito
minimo della specifica e  individuale  partecipazione  della  Regione
direttamente interessata dall'esercizio del  potere  sostitutivo,  la
disposizione censurata non rispetta, quindi, i principi e  i  vincoli
di cui all'art. 120, comma 2, Cost. 
    5. La violazione ridonda anche in irragionevolezza, in violazione
dell'art. 3  Cost.,  perche'  il  coinvolgimento  della  Regione  nel
procedimento sostitutivo, in base a  un  criterio  di  prossimita'  e
responsabilita',  consentirebbe  di  individuare  meglio  i   deficit
strutturali e funzionali e quindi di selezionare, anche  in  ossequio
dei  nuovi  requisiti  di  qualificazione  previsti  per  la   figura
commissariale, il soggetto meglio indicato a ricoprire la funzione. 
    Cio'  vale  a  maggior  ragione  nel  caso  di  sostituzione  dei
Commissari  attualmente  in  carica,  dal  momento  che  il  relativo
coinvolgimento   consentirebbe   di   apportare   nel    procedimento
l'esperienza  maturata,  i  progressi  raggiunti,  gli  obiettivi  da
perseguire,  le  criticita'  e  le  relative  cause,  e   quindi   di
individuare il soggetto potenzialmente piu'  idoneo  a  succedere  al
Presidente di Regione nel ruolo di commissario ad acta. 
    Sotto un ulteriore profilo, l'irragionevolezza rileva  anche  con
riferimento  allo  specifico  obiettivo   che   la   disciplina   dei
commissariamenti  si  prefigge,  che  e'  quello  di  consentire   la
fuoriuscita  della  Regione  interessata  dallo  stato   di   deficit
sanitario strutturale. Ne consegue - e in disparte  quanto  si  dira'
infra    rispetto    all'irragionevolezza    della    clausola     di
incompatibilita' con ruoli istituzionali  nella  Regione  -  che  una
disciplina coerente con  la  ratio  intrinseca  della  norma  avrebbe
richiesto  -  quanto  meno  -  il  coinvolgimento  nel   procedimento
sostitutivo della Regione rispetto alla quale si pone l'obiettivo  di
rientro in situazione ordinaria. 
III. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2  e  3,  del
decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione
degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e
120, comma 2, della Costituzione. 
    1. Un ulteriore profilo di incostituzionalita' delle disposizioni
impugnate concerne prettamente l'irragionevolezza  e  il  difetto  di
proporzionalita' (ex articoli 3  e  97  Cost.)  della  previsione  di
incompatibilita' ex lege tra l'incarico  di  Commissario  ad  acta  e
qualsiasi altro incarico istituzionale presso la Regione  soggetta  a
commissariamento, e in particolare con il ruolo di  Presidente  della
Regione. 
    L'incostituzionalita'   sussiste   con   riferimento   tanto   ai
commissariamenti  futuri,  di  cui  ai  primi  due  commi   dell'art.
25-septies (oggetto  del  presente  motivo  di  ricorso),  quanto  ai
commissariamenti in corso alla data di entrata in vigore della  legge
n. 136/2018, in forza del terzo comma dell'articolo in esame (su  cui
si tornera' al motivo seguente). 
    2. Secondo  il  consolidato  orientamento  di  questa  Corte,  il
principio  di  razionalita',  emancipato   rispetto   a   quello   di
uguaglianza,  deve  essere  inteso  sia  nel  senso  di  razionalita'
formale, cioe' del principio logico di non  contraddizione,  sia  nel
senso di razionalita' pratica, ovvero di ragionevolezza, di  coerenza
intrinseca della norma rispetto alla ratio che  ne  e'  a  fondamento
(sentenza n. 172 del 1996). La coerenza e' rispondenza  logica  della
norma rispetto al fine perseguito dalla legge, ovvero alla sua ratio.
Difetta la ragionevolezza laddove «la legge manca il suo obiettivo  e
tradisce la sua ratio» (sentenza 43 del 1997). 
    Il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso  a
criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge
attraverso ponderazioni  relative  alla  proporzionalita'  dei  mezzi
prescelti dal legislatore nella sua  insindacabile  discrezionalita',
rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle  finalita'  che
intende  perseguire,  tenuto  conto   delle   circostanze   e   delle
limitazioni concretamente sussistenti (sentenza n. 108 del 1994). 
    3. Le norme contestate  non  rispondono  ai  riferiti  canoni  di
coerenza e proporzionalita', oltre a eludere anche  il  principio  di
uguaglianza costituzionalmente garantito. 
    Esse  introducono  infatti  una  presunzione,  insuperabile,   di
incompatibilita' tra la figura del Commissario ad acta e  quella  del
Presidente di Regione, che prescinde da qualsiasi accertamento  sulle
specificita'  del  caso  concreto  (ivi  compreso  il  possesso   dei
requisiti previsti  per  ricoprire  l'incarico  commissariale,  cioe'
«qualificate  e   comprovate   professionalita'   nonche'   specifica
esperienza di gestione sanitaria ovvero aver ricoperto  incarichi  di
amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi
attinenza con quella sanitaria ovvero  di  particolare  complessita',
anche sotto il profilo della prevenzione  della  corruzione  e  della
tutela della legalita'», come previsto dal secondo comma della  norma
impugnata). L'incompatibilita' e' ex lege e a priori. 
    In tal modo risulta tradita,  in  primo  luogo,  tanto  la  ratio
intrinseca della norma, quanto,  in  generale,  quella  sottesa  alla
disciplina  sui  piani  di  rientro  in  materia  sanitaria   e   sui
commissariamenti. 
    Finalita' che va ravvisata nel consentire proficuamente -  in  un
contesto di deficit strutturale - l'adozione e l'attuazione di  tutte
le misure idonee al progressivo rientro della Regione in una gestione
ordinaria, anche attraverso la nomina di un  soggetto  competente  in
funzione di «controllore». 
    Se cosi' e', allora, l'automatica esclusione  del  Presidente  di
Regione - vale a dire l'impossibilita' che sia anche solo  tenuto  in
considerazione ai fini della nomina a commissario  -,  nonostante  il
piu' stretto rapporto di prossimita' con la realta' regionale  e  con
il settore sanitario, si mostra contraria agli  scopi  che  le  norme
contestate si prefiggono, e comunque non proporzionato rispetto  agli
stessi. 
    Anche a voler ritenere che la ratio ispiratrice della  norma  sia
quella di  non  far  coincidere  il  soggetto  «controllore»  con  il
soggetto «controllato e inadempiente»,  l'automatismo  con  cui  tale
finalita'  e'  perseguita  non  rispetta  comunque   i   criteri   di
ragionevolezza e proporzionalita'. 
    Il vizio rileva,  in  particolare,  nel  caso  di  Presidenti  di
Regione - o titolari di incarichi istituzionali - che non abbiano  in
alcun modo concorso alla situazione di disavanzo finanziario  che  ha
condotto al piano di  rientro  e  al  commissariamento,  e  che  sono
democraticamente eletti e prescelti dal corpo elettorale (anche) come
responsabili politici del buon andamento della sanita' regionale. 
    In simili circostanze, anche la - pur in astratto condivisibile -
finalita' di evitare che la figura commissariale coincida con  quella
del  Presidente  sotto  il  cui  governo  si  siano  manifestate   le
condizioni di disavanzo sanitario strutturale,  risulta  in  concreto
perseguita  fuori  dai  canoni  di  proporzionalita'   e   intrinseca
ragionevolezza. 
    In questo caso, inoltre, risulta violato anche  il  principio  di
uguaglianza, a fronte del trattamento identico di situazioni  affatto
diverse,  appunto  quella  dell'incompatibilita'  tra  commissario  e
Presidente di Regione (o titolare di incarichi  istituzionali)  sotto
il  cui  governo  si  siano   realizzate   le   condizioni   per   la
predisposizione del piano di rientro e quelle di inadempienza per  il
commissariamento, rispetto alla fattispecie dell'incompatibilita' tra
commissario  e  Presidente  di  Regione  (o  titolare  di   incarichi
istituzionali) che risulti estraneo a questa situazione. 
IV.  Incostituzionalita'   dell'art.   25-septies,   comma   3,   del
decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione
degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e
120, comma 2, della Costituzione 
    1. Sotto gli stessi profili di violazione degli articoli 3  e  97
Cost. si pone, allora, in misura ancora piu' evidente, anche il terzo
comma  dell'art.  25-septies,  che  prevede   la   sostituzione   dei
Commissari ad acta in carica divenuti incompatibili per effetto della
disciplina introdotta dai primi  due  commi,  e  quindi  l'automatica
cessazione dell'incarico per i  Presidenti  di  Regione  che  abbiano
rivestito sino a oggi anche  il  ruolo  di  Commissario  ad  acta  in
materia sanitaria, come nella Regione Lazio. 
    Anche in questo caso, e' introdotto un automatismo  irragionevole
e contrario alla finalita' intrinseca dell'intervento,  cioe'  quella
di assicurare il rientro della Regione in una situazione ordinaria  e
di evitare il sovrapporsi del soggetto inadempiente con quello tenuto
all'intervento sostitutivo. 
    La norma non prevede alcuna  deroga  all'incompatibilita'  per  i
commissariamenti in corso, e oblitera del tutto una (pur  ragionevole
e doverosa)  valutazione  sia  delle  eventuali  responsabilita'  del
Presidente/Commissario in  carica  rispetto  al  disavanzo  sanitario
regionale, sia  del  contributo  da  quest'ultimo  apportato  durante
l'incarico ai fini della riduzione del disavanzo e  al  miglioramento
dei servizi offerti dal sistema sanitario regionale, sia, ancora, del
possesso dei requisiti richiesti dal secondo comma della disposizione
impugnata per ricoprire  l'incarico  commissariale,  con  particolare
riferimento  a  quello  della  «specifica  esperienza   di   gestione
sanitaria». 
    Una disciplina statale ispirata a  criteri  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' avrebbe dovuto,  quantomeno,  prevedere  una  deroga
all'incompatibilita' nei  casi  in  cui  i  Presidenti/Commissari  in
carica abbiano conseguito  risultati  di  risanamento  accertati  dai
cosiddetti «tavoli di verifica», operanti  con  scadenza  trimestrale
presso  il  Ministero  dell'economia   e   delle   finanze   con   la
partecipazione di Ministero della  salute  ed  altre  amministrazioni
affiancanti (Agenas, altre Regioni ecc.). 
    2. La lesione e' tanto  piu'  evidente  nel  caso  della  Regione
Lazio, che  ha  progressivamente  registrato  risultati  di  gestione
positivi e che e' prossima dall'uscita dal commissariamento. 
    Come anticipato in narrativa, con deliberazione del  1°  dicembre
2017 il Consiglio dei ministri  aveva  deliberato  «di  assegnare  al
Commissario ad  acta,  nell'esercizio  delle  funzioni  comprese  nel
mandato commissariale,  il  compito  di  proseguire  le  azioni  gia'
intraprese al fine di procedere, ad esito della  completa  attuazione
del  Programma  operativo  2016-2018,  al  rientro   nella   gestione
ordinaria entro il 31 dicembre 2018». 
    Cio' tenuto conto: 
      a) dei verbali delle riunioni congiunte del Tavolo tecnico  per
la verifica degli adempimenti regionali con  il  Comitato  permanente
per la verifica dei livelli  essenziali  di  assistenza,  da  cui  si
evince che: i) a conto consuntivo 2016, risulta  un  disavanzo  prima
delle coperture di 136,5 milioni di  euro,  integralmente  coperto  a
valere sulle coperture fiscali preordinate per il piano  di  rientro;
ii) il punteggio complessivo dell'adempimento oggetto di verifica del
Comitato  LEA  mostra  un  miglioramento  fra  il  2013  e  il  2016,
collocandosi al di sopra della soglia di adempienza con un  punteggio
pari a 179; 
      b) del fatto che a seguito di un processo di  spending  review,
la situazione  finanziaria  della  Regione  Lazio  ha  perseguito  la
condizione di strutturale di equilibrio  dei  saldi  di  bilancio,  a
partire dall'anno 2015, come parificato dalla Corte dei Conti; 
      c) dell'azione di risanamento gia' compiuta, «che ha portato la
regione Lazio da una situazione finanziariamente  patologica  ad  una
situazione    finanziariamente    fisiologica     certificata     dal
raggiungimento del pareggio di bilancio sia nell'esercizio  2015  che
nell'esercizio 2016»; 
      d) dei notevoli progressi nei tempi di pagamento; 
      e) del progressivo miglioramento dei livelli delle  prestazioni
del Servizio sanitario regionale. 
    Tanto risulta provato  dalle  relazioni  dei  Tavoli  tecnici  di
verifica. 
    Quanto alla situazione economico-finanziaria, la Regione Lazio  a
conto  consuntivo  2017  presenta,  prima  del   conferimento   delle
coperture, un disavanzo di 45,665 mln di euro (il Programma operativo
2016-2018 aveva previsto un disavanzo pari a 58,7 mln di euro). 
    I Tavoli hanno valutato, inoltre, che, con riferimento al gettito
delle  aliquote  fiscali   che   erano   prioritariamente   destinate
all'equilibrio del SSR a seguito  della  sottoscrizione  dell'Accordo
per il Piano di rientro, alla luce dei risultati  di  gestione  degli
ultimi due anni, ai sensi dell'art. 2, comma 6, del decreto-legge  n.
120/2013,   e'   consentito   alla   Regione   Lazio   di   destinare
all'equilibrio del settore sanitario, a partire  dall'anno  d'imposta
2019, un gettito fiscale minimo pari a 91,091 mln di euro. 
    Quanto all'erogazione dei LEA,  il  punteggio  consolidato  della
Griglia LEA anno 2016 e' pari a 179 (livello  di  sufficienza  >160),
con talune carenze ascrivibili all'offerta territoriale  per  anziani
non autosufficienti e disabili. 
    In generale, la riduzione del disavanzo sanitario dall'anno  2013
- anno di insediamento del Presidente p.t.  Nicola  Zingaretti  e  di
nomina dello stesso a commissario ad acta - all'anno  2017  e'  stata
pari al 93%; in altri termini l'attuale  disavanzo,  certificato  dal
MEF, e' di 14 volte inferiore a quello del 2013. Il disavanzo e' pari
allo  0,4%  del  finanziamento  ordinario  del  FSR,  ed  e'   quindi
pienamente entro il limite del 5%  fissato  dall'art.  2,  comma  77,
della legge n. 191/09 e s.m.i. 
    Parimenti, con riferimento all'erogazione dei LEA, dall'anno 2013
la Regione Lazio non solo non e' mai piu' stata inadempiente,  ma  ha
continuato  a  salire  nella  graduatoria  del  punteggio  dei   LEA,
raggiungendo nel 2017 un punteggio complessivo di 180. 
    3.  Tali  dati  confermano  la  palese  irragionevolezza  di  una
disposizione, come quella qui  impugnata,  che  prevede  l'automatica
incompatibilita' del Presidente di  Regione  in  carica  rispetto  al
ruolo di commissario ad acta sinora rivestito, nonostante i  notevoli
progressi che la gestione commissariale ha apportato  in  termini  di
rispetto dei programmi operativi  e  di  superamento  della  fase  di
deficit strutturale. 
    Risulta altresi' violato, sotto un duplice profilo, il  principio
di uguaglianza, a  fronte  del  trattamento  identico  di  situazioni
affatto diverse: 
      i)  in  primo  luogo,  l'irragionevole  assimilazione  fra   la
previsione di incompatibilita' per i  commissariamenti  futuri  e  la
previsione di incompatibilita' per i commissariamenti in atto, mentre
quest'ultima avrebbe richiesto  quanto  meno  una  verifica  puntuale
dell'attivita' commissariale svolta, prima di  prevedere  l'eventuale
sostituzione del commissario in carica; 
      ii) in secondo  luogo,  l'irragionevole  assimilazione  fra  le
varie Regioni commissariale, non tenendosi  a  riferimento,  ai  fini
dell'eventuale sostituzione del commissari  in  corso,  la  specifica
situazione della Regione commissariata, e in particolare i  risultati
raggiunti dal commissario di governo in carica ai fini del rientro in
una situazione ordinaria. 
    4. Non meno rilevante e' la violazione  degli  articoli  3  e  97
Cost., sotto il profilo  del  principio  di  continuita'  dell'azione
amministrativa, diretto corollario dei  principi  di  ragionevolezza,
imparzialita'  e  buon  andamento,  che  si  determina  per   effetto
dell'automatica previsione di sostituzione dei  commissari/Presidenti
di regione  in  carica,  specie  con  riferimento  a  quelle  realta'
regionali, come  quella  del  Lazio,  in  cui  siano  stati  previsti
programmi operativi ex art. 2, comma 88 della legge 23 dicembre 2009,
n. 191 e s.m.i., per la fuoriuscita dal commissariamento,  e  in  cui
tali programmi risultino perseguiti con proficuita'. 
    L'effetto della previsione impugnata e' infatti il subentro nelle
funzioni commissariali di  un  soggetto  terzo  rispetto  all'assetto
istituzionale della Regione, ed estraneo al processo  di  risanamento
posto  in  essere  e  alle  attivita'  e  iniziative  in  atto,   con
conseguente  nocumento,  oltre  che  dell'efficacia   e   continuita'
dell'azione amministrativa,  anche  delle  prerogative  degli  organi
ordinari regionali, sotto il profilo del  mancato  coordinamento  con
l'assetto istituzionale dell'Ente e del  massimo  raccordo  possibile
tra   la   programmazione   regionale   e   razione    amministrativa
commissariale. 
    5. Da ultimo, si sottolinea, anche sotto  il  profilo  in  esame,
come  le  riscontrate   violazioni   ridondino   direttamente   sulle
competenze  della  Regione  ricorrente,  posto  che   la   disciplina
impugnata interseca  indissolubilmente  le  competenze  regionali  in
materia  di  tutela  della  salute  e  coordinamento  della   finanza
pubblica,  come  pure  le  corrispondenti  funzioni  regolamentari  e
amministrative. 
    Rileva altresi', anche con riferimento al merito - oltre  che  al
metodo - della disciplina contestata, la violazione del principio  di
leale collaborazione ex artt. 5 e 120, comma 2, della Costituzione. 
    Si e' gia' detto che, in vista della definizione del nuovo  Patto
per la Salute per il triennio 2019/2021, la Conferenza delle  Regioni
aveva approvato all'unanimita' e sottoposto al Governo  un  documento
del 13 dicembre 2018. 
    In tale documento, oltre a richiedere espressamente  di  trattare
ogni questione sul regime di incompatibilita' dei commissari ad  acta
in sede di Patto per la salute di  prossima  emanazione,  le  Regioni
avevano chiaramente espresso l'esigenza  di  escludere  un  eventuale
regime di incompatibilita' nei casi  in  cui  il  Servizio  sanitario
regionale avesse conseguito miglioramenti degli  equilibri  economici
di bilancio da piu' di un  triennio  e  punteggi  nella  Griglia  LEA
progressivamente e significativamente  crescenti  nel  tempo  (com'e'
stato, appunto, nella Regione Lazio). 
    Tuttavia,  non  solo  -  come  visto  sub  I  -  le  disposizioni
contestate hanno obliterato  il  pur  dovuto  meccanismo  concenativo
dell'intesa   et   similia,   ma   nell'introdurre   il   regime   di
incompatibilita' di cui trattasi, anche  per  i  commissariamenti  in
essere alla data di entrata in vigore della norma, il legislatore non
ha tenuto in considerazione neppure  la  ragionevole  proposta  della
Conferenza delle Regioni e Province autonome, che pure avrebbe potuto
assicurare - sebbene in misura meno forte - il rispetto del principio
collaborativo. 
V. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi  1,  2  e  3,  del
decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione
degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118,  commi  1  e  2,
120, comma 2, 122, 123, Cost. 
    1. I vizi di irragionevolezza e difetto di  proporzionalita'  che
si sono appena  evidenziati  rilevano  anche  sotto  un  ulteriore  e
parimenti dirimente profilo, vulnerando ingiustificatamente la stessa
forma di governo regionale ex articoli 122 e 123 Cost. 
    Nello stabilire che il regime di incompatibilita' tra Commissario
ad acta e Presidente di Regione si applichi anche ai commissariamenti
in essere alla data di entrata in vigore della legge, con conseguente
sostituzione, entro novanta giorni, dei Commissari incompatibili,  il
legislatore  non  ha  neppure  tenuto  conto  del  contesto  storico,
politico e ordinamentale in cui tale disposizione si colloca. 
    Come noto, la «stagione  dei  commissariamenti»  e'  iniziata  da
oltre un decennio, con l'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.
222. 
    Nella Regione Lazio, precisamente, la gestione  commissariale  e'
iniziata - e proseguita senza soluzione  di  continuita',  salvo  gli
avvicendamenti fra Commissari/Presidenti di Regione - dall'11  luglio
2008. 
    Si e' anche visto come il commissariamento determini, rispetto ai
settori e agli ambiti di intervento affidati al Commissario ad  acta,
un drastico svuotamento delle competenze e funzioni regionali e degli
enti locali, dal livello normativo fino a quello amministrativo. 
    Si sono gia' richiamati, in proposito, gli insegnamenti di questa
Corte, secondo cui le attribuzioni del commissario  «devono  restare,
fino all'esaurimento dei compiti commissariali,  al  riparo  da  ogni
interferenza degli organi regionali - anche qualora  questi  agissero
per via legislativa -  pena  la  violazione  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost.», non rilevando che la sovrapposizione con  le  funzioni
commissariali sia anche solo potenziale (in termini sentenza  n.  106
del 2017, cfr. anche sentt. n. 117 del 2018, n. 190 del 2017, n.  266
del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014, n. 78 del 2011). 
    2. A fronte di questo quadro, la previsione  di  incompatibilita'
della figura commissariale con incarichi istituzionali della Regione,
e  in  particolare  con  il  ruolo  del  Presidente  della   Regione,
nell'ambito di un regime di commissariamento che e' in atto da  oltre
un decennio e dell'esautoramento delle attribuzioni del  Consiglio  e
della  Giunta  che  a  esso  conseguono,  determina   una   ulteriore
distorsione della forma di governo regionale e del suo equilibrio. 
    In primo luogo, perche' il legislatore, lungi  dal  prevedere  il
superamento dell'istituto del commissariamento in materia  sanitaria,
ne ha previsto  la  perdurante  applicazione  anche  per  il  futuro,
stabilendo altresi' l'incompatibilita' tra Commissario  e  Presidente
di Regione (o altri incarichi istituzionali nella stessa). 
    In secondo luogo, perche' con riferimento ai commissariamenti  in
corso    si    e'    prevista    l'automatica    sostituzione     dei
Commissari/Presidenti  regionali  in  carica,  con   cio'   recidendo
drasticamente il requisito  di  prossimita'  alla  realta'  regionale
interessata. Il mantenimento in un organo  regionale  della  funzione
commissariale rispondeva  infatti  all'esigenza.  di  conciliare  gli
interventi per un rapido ripiano del  deficit  di  bilancio  con  gli
strumenti strutturali di riorganizzazione complessiva del sistema dei
servizi sanitari regionali. 
    3.  Si  precisa,  in  proposito,  anche  con   riferimento   alla
violazione dei criteri di ragionevolezza e di  leale  collaborazione,
che nel piu' volte citato documento approvato dalla Conferenza  delle
Regioni in data 13 novembre 2018 in vista del prossimo Patto  per  la
Salute,  le  Regioni  avevano  chiesto  al  Governo  di  disciplinare
«modalita', criteri e tempi per l'uscita dai commissariamenti  e  dai
Piani di rientro,  sulla  base  di  parametri  oggettivi  riguardanti
l'avanzamento   dei   programmi   operativi   e,   soprattutto,    il
raggiungimento delle condizioni di equilibrio economico  in  un  arco
temporale definito. Piu' in generale,  si  ritiene  che  il  prossimo
Patto per la Salute 2019/2021 sia la sede piu'  idonea  per  svolgere
approfondite riflessioni in ordine al superamento dell'esperienza dei
commissariamenti ad acta, anche e soprattutto alla luce  dell'attuale
contesto istituzionale, che si va sempre piu' delineando  nel  nostro
Paese,  volto  ad  un   nuovo   regionalismo   responsabile   ed   in
considerazione, altresi', dei  risultati  fin  qui  conseguiti  nelle
regioni  commissariate  sia  sotto   il   profilo   del   risanamento
economico-finanziario, sia nella prospettiva del miglioramento  della
qualita' dell'assistenza sanitaria». 
    Sul punto, sia consentito richiamare anche il recente  monito  di
questa Ecc.ma Corte, che nel ribadire i principi generali in  materia
di commissariamento e di attribuzioni commissariali,  anche  rispetto
alle funzioni regionali, ha comunque osservato: «Cio'  detto,  questa
Corte   non   puo'   esimersi   dal   rilevare   l'anomalia   di   un
commissariamento della  sanita'  regionale  protratto  per  oltre  un
decennio, senza che l'obiettivo del risanamento finanziario sia stato
raggiunto, con tutte le ripercussioni che esso determina anche  sugli
equilibri della forma di governo regionale, a  causa  del  perdurante
esautoramento del Consiglio  e  della  stessa  Giunta  a  favore  del
Commissario ad acta» (sentenza n. 199 del 2018). 
VI. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1,  2  e  3,  del
decreto-lege n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per  violazione
dell'art. 77, comma 2, della costituzione. 
    1. L'art. 25-septies del decreto-legge. n. 199 del 2018 e'  stato
inserito dal Parlamento solo in sede di conversione, con la legge  n.
136 del 2018. 
    Secondo ormai pacifica giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte,  la
legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo  a  quello  del
decreto-legge, in ossequio all'art. 77,  secondo  comma,  Cost.,  che
presuppone «un nesso di interrelazione funzionale tra  decreto-legge,
formato dal Governo ed emanato dal  Presidente  della  Repubblica,  e
legge  di  conversione,  caratterizzata   da   un   procedimento   di
approvazione peculiare rispetto a quello ordinario» (sentenza  n.  22
del 2012). 
    In ragione della natura di  «legge  a  competenza  tipica»  della
legge di conversione, derivano specifici limiti di emendabilita'  del
decreto legge. 
    In particolare  la  legge  di  conversione  non  puo'  aprirsi  a
qualsiasi contenuto ulteriore rispetto a quello oggetto  del  decreto
legge: sebbene la richiesta coerenza tra decreto-legge e la legge  di
conversione non escluda, in linea generale,  che  le  Camere  possano
apportare emendamenti al testo del decreto-legge, per  modificare  la
normativa in esso contenuta  in  base  alle  valutazioni  emerse  nel
dibattito parlamentare, tale potere non puo' spingersi fino al  punto
in cui, «sotto la veste formale di un  emendamento  si  introduca  un
disegno  di  legge  che  tenda  a  immettere   nell'ordinamento   una
disciplina  estranea,  interrompendo   il   legame   essenziale   tra
decreto-legge e legge  di  conversione,  presupposto  dalla  sequenza
delineata dall'art. 77, secondo comma, Cost.»  (sentenza  n.  32  del
2014). 
    Anche  nel  caso  di  provvedimenti  governativi  ab  origine   a
contenuto plurimo, ogni ulteriore disposizione introdotta in sede  di
conversione deve essere strettamente collegata ad uno  dei  contenuti
gia' disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla ratio dominante  del
provvedimento originario considerato nel suo complesso. 
    2. L'articolo impugnato, inserito dalla legge di conversione, non
rispetta  i   riferiti   requisiti   di   omogeneita'   rispetto   al
decreto-legge. 
    Il discorso vale sia con riferimento alla ratio del decreto-legge
nel suo complesso, sia per quanto riguarda  le  singole  disposizioni
dello stesso, e in particolare quella  dell'art.  25  dell'originario
decreto-legge, sui cui e' stato «innestato» l'art. 25-septies. 
    Il decreto-legge detta «Disposizioni urgenti in materia fiscale e
finanziaria», «Ritenuta la straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di
prevedere misure per esigenze fiscali e finanziarie inderibili». 
    Gia'  con  riferimento  alla  finalita'  del  decreto-legge,   e'
evidente la non attinenza della  disciplina  introdotta  in  sede  di
conversione: la previsione di  incompatibilita'  tra  Commissario  ad
acta e Presidente di Regione non risponde infatti, con ogni evidenza,
a  esigenze  fiscali  o  finanziarie.  Certamente,  anche   a   voler
ricondurre la disciplina  in  esame  alla  materia  finanziaria,  non
sussiste alcuna esigenza di indifferibilita' della misura (tanto piu'
in ragione del fatto che  il  prossimo  Patto  per  la  Salute  sara'
adottato entro il 31 marzo 2019). 
    Il difetto di omogeneita' e coerenza emerge anche  rispetto  agli
specifici contenuti del decreto-legge  originario:  il  Titolo  primo
reca  «Disposizioni  in  materia  fiscale»  (pacificazione   fiscale,
semplificazione fiscale, e altre disposizioni fiscali); il Titolo  II
detta disposizioni finanziarie (e, solo per effetto della modifica al
Titolo introdotta dalla legge di conversione, anche «Disposizioni  in
materia  sanitaria»),  riferite,  nel  decreto-legge  originario,   a
«Ferrovie dello Stato» (art. 21), «Fondo garanzia e FSC»  (art.  22),
«Autotrasporto» (art. 23), «Missioni internazionali  di  pace»  (art.
24), «Disposizioni in materia di CIGS per  riorganizzazione  o  crisi
aziendale» (art. 25). 
    Anche con riferimento agli specifici contenuti, dunque, non vi e'
nessuna attinenza, nemmeno  sotto  il  profilo  teleologico,  con  le
disposizioni impugnate inserite dalla legge di conversione. 
    In particolare, non  vi  e'  alcuna  connessione  -  finalistica,
sistematica e contenutistica - fra  il  contestato  art.  25-septies,
inserito in conversione, che riguarda i commissariamenti  in  materia
sanitaria, e l'art. 25 del decreto-legge (in cui il  primo  e'  stato
innestato (insieme a numerosi altri articoli eterogenei),  che  detta
«Disposizioni  in  materia  di  CGS  per  riorganizzazione  o   crisi
aziendale». 
    L'esame  del  contenuto  della  disposizione  impugnata   denota,
quindi, la palese estraneita' delle norme censurate, aggiunte in sede
di  conversione,  rispetto  ai  contenuti  e   alle   finalita'   del
decreto-legge in cui sono  state  inserite,  e  dunque  l'assenza  di
qualsivoglia nesso funzionale tra le stesse, in violazione  dell'art.
77, secondo comma, della Costituzione. 
    3. Anche in questo caso e' necessario  ribadire,  ai  fini  della
proponibilita' della censura in esame, che  la  lamentata  violazione
dell'art.  77  Cost.  ridonda   direttamente   sulle   competenze   e
attribuzioni della Regione ricorrente. 
    La disciplina introdotta dall'art. 25-septies, infatti, interseca
anche le competenze concorrenti della Regione in materia  di  «tutela
della salute», «coordinamento della finanza pubblica», come  pure  le
corrispondenti  funzioni  regolamentari   e   amministrative.   Senza
considerare che, quando si parla di esercizio di poteri  sostitutivi,
le attribuzioni regionali devono ritenersi in re ipsa coinvolte. 
Istanza di sospensione ex art. 35, della legge n. 87/1953 e  art.  21
delle  Norme  Integrative  per   i   giudizi   innanzi   alla   Corte
costituzionale. 
    1. Sussistono infine i presupposti per la  sospensione  cautelare
delle disposizioni impugnate con  l'odierno  ricorso.  Si  chiede  in
particolare la sospensione dell'efficacia dell'art. 25-septies, terzo
comma, del decreto-legge n. 119/2018,  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 136/2018. 
    Come a piu' riprese chiarito da questa Corte (da ultimo  sentenza
n. 225 del 2017), anche la  tutela  cautelare  prevista  nel  sistema
della giustizia costituzionale, sia pure con le particolarita' che lo
connotano, assolve alla necessita' che il  provvedimento  finale  del
giudice intervenga re  adhuc  integra  e  consenta  la  soddisfazione
dell'interesse protetto (sentenze n. 8 del 1982 e n. 284  del  1974),
sicche' la tutela cautelare  e'  strumentale  all'effettivita'  della
tutela giurisdizionale e, pur potendo venire variamente configurata e
modulata (sentenza n. 281 del 2010), essa e' necessaria e deve essere
effettiva (si vedano ad esempio,  oltre  a  quelle  gia'  citate,  le
sentenze n. 236 del 2010, n. 437 e n. 318 del 1995, n. 253 del  1994,
n. 190 del 1985). 
    2.  Nella  specie,  il   fumus   dell'incostituzionalita'   della
disposizione  impugnata  emerge  dai  motivi  di  ricorso,  cui   per
sinteticita' si rinvia. 
    3. Parimenti sussistenti sono i presupposti di  periculumin  mora
richiesti dall'art. 35 della legge n. 87 del 1953 per la  concessione
dell'invocata tutela cautelare. 
    In  primo  luogo,  il  periculum  discende  dalla  previsione  di
sostituzione   dei   Commissari   ad   acta   in   carica,   divenuti
incompatibili,  «entro  novanta   giorni»,   che   trovera'   diretta
applicazione nella Regione Lazio, in cui il Commissario ad acta e' il
Presidente pro tempore. 
    E' evidente come la sostituzione  del  Commissario/Presidente  di
Regione avverra' in termini non compatibili  con  la  decisione,  nel
merito, del presente giudizio, cio' che, da  un  lato,  impedira'  la
decisione re adhuc integra (comprimendo l'effettivita'  della  tutela
giurisdizionale),   dall'altro   integrera'   un   immediato   vulnus
all'interesse pubblico. 
    Come si  e'  anticipato,  infatti,  ancorche'  siano  maturati  i
presupposti per l'uscita dal commissariamento  della  Regione  Lazio,
essa non e' stata ancora decretata, sicche' la  ricorrente  si  trova
esposta al concreto rischio di subentro nelle funzioni  commissariali
di  un  soggetto  terzo  rispetto  all'assetto  istituzionale   della
Regione, ma soprattutto estraneo al processo di risanamento posto  in
essere e alle attivita' e iniziative in atto. 
    Circostanza  che  comporterebbe  un  gravissimo  nocumento   alla
continuita' e all'efficacia dell'azione amministrativa, vulnerando il
coordinamento con l'assetto istituzionale dell'ente e  il  necessario
raccordo tra la programmazione regionale  e  l'azione  amministrativa
commissariale, peraltro in un momento cruciale per  la  Regione,  che
sta raccogliendo i frutti del lungo percorso di risanamento posto  in
essere. 
    Tanto andrebbe, ovviamente,  a  detrimento  degli  equilibri  del
servizio sanitario regionale, e inciderebbe,  a  cascata,  anche  sul
diritto fondamentale alla salute dei cittadini. 
    Il tutto, si ribadisce, in un contesto  in  cui  la  disposizione
impugnata, pur disciplinando un potere sostitutivo statale che incide
direttamente su materie di competenza regionale (in particolare sulla
tutela della salute) e' stata adottata fuori  da  alcun  procedimento
partecipativo con le Regioni, tanto a monte, ai fini. della redazione
della norma, quanto a valle, nell'ambito del procedimento sostitutivo
delineato per la sostituzione dei Commissari in carica. 
    La mancata sospensione cautelare degli effetti  della  norma  che
prevede  la  sostituzione  dei   commissari   in   essere,   insomma,
arrecherebbe un immediato e serio pregiudizio  anche  all'ordinamento
giuridico della Repubblica, che si  regge  appunto  sui  principi  di
sussidiarieta', differenziazione e leale collaborazione. 
    4. Al contrario, la sospensione della disposizione impugnata  non
arrecherebbe alcun pregiudizio  all'interesse  pubblico,  e  anzi  lo
vedrebbe maggiormente tutelato. 
    Cio',  in  primo  luogo,  in  quanto  la  disposizione  impugnata
«interrompe» una legislazione ormai decennale  che  ha  sempre  visto
coincidere  la  figura  del  Commissario  ad  acta  con  quella   del
Presidente di Regione. La relativa sospensione non farebbe altro  che
mantenere, fino alla decisione di merito, un assetto gia' da tempo in
vigore. 
    In proposito non puo' non essere considerato  che  nella  Regione
Lazio l'attuale gestione commissariale, come certificato  dai  tavoli
di verifica presso gli uffici  statali  competenti,  ha  condotto  il
sistema sanitario regionale  a  diminuire  il  disavanzo  in  maniera
significativa, avvicinandosi al pareggio di bilancio, ed e' riuscita,
al contempo, ad aumentare il livello delle prestazioni erogate, tanto
che  il  sistema  sanitario  regionale  e'  vicino   all'uscita   dal
commissariamento e al ritorno alla gestione ordinaria (sul punto, ove
ritenuto, questa Corte potra' anche  disporre  le  indagini  ritenute
opportune, ex art. 21 delle norme integrative). 
    Anche  sotto  questo  profilo,  quindi,  la   sospensione   della
disposizione  impugnata  e  la  conseguente  conferma  -  fino   alla
decisione di merito - della gestione  commissariale  in  essere,  non
arrecherebbe alcun pregiudizio all'interesse pubblico. 
    In secondo luogo, si ribadisce la ravvicinata adozione del  Patto
per la Salute relativo  al  triennio  2019/2021,  che  dovra'  essere
stipulato entro il 31 marzo 2019:  in  quella  sede  potranno  essere
approfonditi  -  come  del  resto  e'  stato  fino  a  oggi,  e  come
espressamente richiesto dalla Conferenza delle Regioni - le tematiche
relative   alle   gestioni   commissariali   e    ai    profili    di
incompatibilita', e la disciplina potrebbe trovare una piu'  adeguata
ponderazione,    nel    rispetto    dei    principi     collaborativi
costituzionalmente tutelati. 
    Quest'ultimo   obiettivo   risulterebbe   certamente    vulnerato
nell'ipotesi in cui non venisse sospesa la norma gravata, dal momento
che la sostituzione dei Commissari in carica avverrebbe  prima  della
prossima Intesa Stato-Regioni. Anche sotto questo profilo, quindi, la
tutela cautelare sembra  la  soluzione  piu'  conforme  all'interesse
pubblico e all'ordinamento  giuridico  della  Repubblica,  nella  sua
articolazione   pluralistica   fondata   sui   principi   di    leale
collaborazione, autonomia e sussidiarieta'.